mercoledì 24 ottobre 2018

Ringrazio

Ho imparato molto. Si, sono evidentemente cresciuto
Ultimamente mi capita di dover affrontare una situazione complicata, che non dipende solo da me. Che apparentemente espone il mio stato interno, la mia serenità, a scelte di altri.
Mi rendo conto di aver visto molto spesso la tentazione di arrabbiarmi con gli altri, di pensare e rapidamente rifiutare cose come “così mi fai male”.
Mi rendo conto che sono più sveglio di prima. Vedo queste trappole e le rifiuto, le allontano, cerco il centro e il contatto con l’altro, con il suo mondo, le sue decisioni, il suo percorso e le sue necessità. Vedo l’interazione e l’interdipendenza. Guardo la buona fede e l’impossibilità di essere altro da ciò che si è qui e ora. Concedo all’altro il diritto di fare le sue scelte al meglio delle sue possibilità, che dipendono da tante cose che non posso conoscere, ma che intimamente posso sentire, non come dettaglio, ma come registro, come movimento-forma che tutti ci accomuna. L’altro porta fardelli come io porto fardelli. Una frase di cui non ricordo la fonte sale dolcemente: “L’altro sta combattendo una guerra di cui non hai idea. Sii gentile”
Certo, con le persone che ami e che ti amano è più facile, ma il cambiamento lo vedo chiaramente. Magari sono invadente, o do troppe cose per scontate, cerco distrattamente di forzare la situazione per risolvere personalmente i problemi altrui, faccio casino. Ma sento l’altro, lo sento vivo, lo sento umano.

Quando incontri una grande forza, allegria e bontà nel tuo cuore, e quando ti senti libero e senza contraddizioni, ringrazia immediatamente dentro di te. Se ti succede il contrario, chiedi con fede, ed il ringraziamento che hai accumulato tornerà amplificato e trasformato in beneficio.

Ringrazio profondamente. In un situazione di grande difficoltà interna, ringrazio profondamente di ricordare che “trattare l’altro come vorrei essere trattato” è una chiave che apre la soluzione per ogni conflitto interno.

Trattare l’altro come vorrei essere trattato. Non significa “fare e dire all’altro ciò che vuole”, troppo facile se ciò che è giusto per me, è ciò che vuole l’altro… fosse così, sarebbe una passeggiata. L’attenzione va alzata proprio quando dobbiamo fare qualcosa (e lo dobbiamo fare perché è la cosa che intimamente sentiamo come giusta) che all’altro non piacerà. E lì mi devo porre la domanda in modo più profondo, più articolato: “Se qualcuno dovesse fare questa cosa a me, come vorrei che la facesse?”; “se qualcuno dovesse dirmi che questo che faccio non gli piace, come vorrei che me lo dicesse?”; “se qualcuno mi dovesse dire che ciò che ho fatto gli ha provocato dolore, come vorrei che lo facesse?”; “se dovessi far soffrire qualcuno, cosa vorrei che l’altro facesse? Come vorrei che reagisse?”… ecco, questa ultima la sento come la più intensa. Trattare l’altro come vorrei essere trattato non ha nulla a che vedere con l’accontentare l’altro, con il dargli ciò che vuole. Ha a che vedere con avere cura dell’altro, del suo stato interno, della sua vita, del suo cuore e del suo corpo, anche quando apparentemente “mi fa soffrire”, illusione massima. Ha a che vedere con il perdonare e perdonarsi. Trattare l’altro come vorrei essere trattato è sentire che tengo alla sua unità interna così come tengo alla mia. Perché siamo Uno. E’ riconciliazione

Ciò non mi impedisce di fare errori, di trattare male l’altro. E’ un percorso, con ostacoli e distrazioni, resistenze e fallimenti. E’ una direzione, non uno stato.