Percezione e ricordi
Abbiamo appurato che i sensi percepiscono una serie di dati all'interno di certi valori possibili (niente ultrasuoni, infrarossi, ultravioletti, dettagli microscopici eccetera). Abbiamo inoltre appurato che questi dati a volte sono anche errati (errori di parallasse, echi, effetti ottici, sovraccarichi ecc)
Abbiamo appurato che con questi dati, sono costretto ad ipotizzare una realtà, per muovermi ed agire in essa. Questa realtà rappresentata può essere più o meno “azzeccata”, più o meno “congruente o coerente”. Ma ovviamente, essendo basata su dati incompleti, dubbiosi e a volte proprio errati, non può essere perfetta né isomorfica alla realtà stessa.
Abbiamo appurato che, così come nel livello di sonno la coscienza prende dei dati provenienti dai sensi e li struttura in modo da renderli coerenti con il livello di sonno in cui si trova (trasformandoli ad esempio in immagini oniriche), così la coscienza in veglia prende dati provenienti dai sensi e li struttura in modo da renderli coerenti con l'idea di realtà che ho nel livello di coscienza in cui mi trovo.
Ora, preso atto di tutto ciò; preso atto che prendo dati incerti, incompleti e dubbiosi, li strutturo in una realtà ipotetica il quanto più coerente possibile con “l'idea di realtà che ho”; preso atto di ciò, mi rendo conto che questa “percezione della realtà” in un certo momento la memorizzo in uno o più ricordi.
Cosa significa tutto ciò? Significa non solo che la realtà che strutturo potrebbe differire in modo più che significativo con la realtà strutturata da un altro, ma significa anche che le cose non sono andate come ricordo. Se la mia vita fosse il ricordo che ho di essa, il ricordo delle strutturazioni fatte, allora la mia vita è un punto di vista e ciò che chiamo “io” è anch'esso un punto di vista. La mia vita è la sensazione che ho avuto delle percezioni, interne ed esterne.
Ma così come una nuvola è “un gatto” e poco dopo, con uno sforzo, posso far si che diventi un drago, così posso fare con la mia vita. Ma significa ancora di più. Dato che strutturo la realtà non solo in base ai dati percepiti dai sensi (dubbiosi, imprecisi e a volte errati) ma anche confrontando questi dati percepiti con i ricordi (a loro volta strutturazioni di dati dubbiosi, imprecisi e a volte errati), per poter conoscere, riconoscere e imparare, quella che chiamo realtà acquisisce ancora di più la connotazione dell'illusione, della creazione.
Allora mi chiedo “chi sono”? Allora mi chiedo “dove vado”? Ma sopratutto, chi è che fa tutte queste domande? Chi è che osserva? Posso chiudere gli occhi e osservare me stesso, osservare lo sguardo che osserva me stesso. Sento che esiste un punto di vista “altro”, come se fosse qualcosa che non può essere guardato se non da se stesso (Krishna direbbe ad Arjuna: “osservare il Sé in Sé con il Sé”).
A queste domande posso dare una risposta completamente nuova.
Che cosa mi impedisce di essere/ricordare/andare-verso qualcosa di completamente diverso?