“Tanto potente il fascino di ciò che credi che tu ne affermi la realtà anche se essa esiste solo nella tua testa”.
Una credenza, quella vera, quella in cui credi davvero, non è una cosa che descrivo come “Io credo che...”. No, quella non è una credenza, quella è un'ipotesi, poiché già dichiarando “io credo che”, ammetto che possa non essere in quel modo, che potrei sbagliarmi. E' un'ipotesi, o un futuribile.
Le credenze sono “verità assolute”. Sono quelle cose in cui credo appunto così tanto, da considerarle “realtà”. In un normale livello di coscienza è impossibile individuare una credenza. In un normale livello di coscienza, chiunque metta in dubbio una mia credenza, sta mettendo in dubbio la realtà o la mia capacità di percepirla; ha dei problemi di percezione o non comprende correttamente ciò di cui stiamo parlando. Il massimo che concedo ad un interlocutore del genere è che un giorno anche lui vedrà le cose come stanno. In un normale livello di coscienza, il fatto che “l'occhio infierisce più di quanto percepisce” non è tenuto in considerazione. Le cose sono come sono, e sono come io affermo che siano. Non considero che sulla credenza esista un punto di vista diverso.
Quando gli eventi (interni o esterni) ci mettono di fronte un fatto che mette in dubbio una credenza, che mette in dubbio “la realtà”, scatta una forma di autoconservazione che fa di tutto per alterare la percezione e l'interpretazione dell'evento, arrivando a preferire “l'errore di percezione” all'ammissione che la realtà non era tale. Quando poi, finalmente, gli eventi ci rendono impossibile negare ulteriormente, succede un disastro. Come si dice solitamente, “mi crolla il mondo addosso”. Ciò che avevo dato per assodato, per acquisito, per immutabile, si rivela non essere così. E inizio a chiedermi di tutto: “come ho fatto a non accorgermene prima?”, “ma sono sempre stato cieco?”, “era così ovvio!”. Non ero cieco e non era ovvio. Semplicemente ci credevo, avevo una credenza, vivevo con le mie rappresentazioni, convinto che fossero la REALTA'.
In un livello di coscienza normale, non siamo in grado di vedere le credenze. Una volta acquisite, sono la base sulla quale tutto si forma, non c'è via d'uscita, non c'è possibilità di vederle, così come gli insogni e le motivazioni più occulte. In un livello di coscienza normale non esistono credenze, esiste solo la realtà.
E' per questo che mi riesce tanto difficile immaginare qualcosa di nuovo, fin quando non smetto di credere nel vecchio. Fin quando credo nel vecchio, il nuovo è solamente negazione della realtà.
Fin quando credo che a farmi soffrire sono gli altri, le situazioni, il caso, gli eventi, la sfortuna... fin quando credo queste cose, non posso superare la sofferenza. Se per superare la sofferenza devo fare qualcosa con la mia testa, significa che fino ad ora la sofferenza che ho provato l'ho provata perché ho fatto “qualcos'altro” con la mia testa. Per farlo, devo smettere di credere che gli altri possono farmi soffrire. Devo ammettere che gli altri possono fare azioni nobili o riprovevoli, ma che la sofferenza è l'effetto di un mio atto mentale, di una mia azione, di una mia interpretazione, di una mia rappresentazione. Per farlo devo smettere di credere che la sofferenza è causata dagli eventi, è la normale conseguenza di ciò che mi succede, e questo non è ammissibile.
In un livello di coscienza normale, “trattare l'altro come vorrei essere trattato” diventa “trattare l'altro come credo voglia essere trattato”.
“La reale importanza della vita da sveglio si fece chiara in me”
Svegliarmi è quindi imperativo. Meditare in profondità sulla realtà, da uno stato di coscienza più alto è determinante. Solo così, posso ogni tanto intuire l'insogno. Solo meditando in attenta ed umile ricerca posso di tanto in tanto “infrangere i miei sogni e vedere la realtà in modo nuovo”. “Meditare in profondità e senza fretta”. E non posso suggerirmi cose come “metti sempre in dubbio ciò in cui credi”. Per due motivi. Il primo è che rischierei la paralisi. Il secondo è che da un livello di coscienza normale non mi verrà mai di mettere in dubbio una credenza e non metterei mai tra le cose da “mettere in dubbio”, le mie credenze. E' come dubitare di avere le mani. Ce l'ho, sono qui, sono la realtà. La stessa cosa è per una credenza; non è tale, è la realtà. Nella mia mente, le credenze sono vere come le mie mani.
In attenta ed umile ricerca.
Attenta, vuol dire con un livello di coscienza più alto, in coscienza di se. Sono principalmente nel non-senso e ho bisogno di svegliarmi.
Umile vuol dire sapendo di venire da uno stato di non-senso. Che fondamentalmente non so nulla.
“Qui si racconta come il non-senso della vita si trasforma in senso e pienezza.”
Quindi la vita ha un senso e il non-senso si può trasformare in senso. Le credenze possono essere infrante. Gli insogni possono essere visti. Ciò che faccio non è indifferente. Posso rimanere come sono o iniziare a meditare, in attenta e umile ricerca.
Come si fa?
Continuare a lanciare atti nel profondo tramite i nostri lavori, le cerimonie, la Forza. Con fede.
Continuare con la richiesta, quotidiana e ripetuta. Con fede.
Continuare a lanciare atti di unità interna, trattando l'altro come vorrei essere trattato. Con fede.
Meditando in attenta e umile ricerca sul messaggio. Con fede.
Cercando il sacro, in me e fuori di me. Con fede.
Ricordandomi che tutto ciò che faccio, lo faccio a me stesso. Qualsiasi atto lancio, lo lancio in me stesso.
Con fede interna. Senza negare ciò che a volte si è percepito. Lasciando che agisca, senza metterlo in lotta contro le credenze (tutto perde contro una credenza fin quando non s'indebolisce). Mettere senza fretta, altri pesi sull'altro piatto della bilancia, quello dell'unità. Con fede
Mi piace 'sta frase. Tutto ciò che faccio, lo faccio a me stesso.