mercoledì 6 aprile 2016

Libero arbitrio

Il libero arbitrio non è altro che allegoria di un fatto:
L'essere umano è in grado di trasgredire le leggi “imposte” dalla natura. Non discuto su quanto sia giusto o sbagliato infrangere queste “leggi” (alcuni casi, come curare la febbre con le medicine è per me giusto, altri casi come far esplodere una bomba è per me sbagliato).
Evidenzio semplicemente il fatto che che l'essere umano può trasgredire quasi qualsiasi legge della natura. Alcune con semplicità, altre con difficoltà, ma alla fine, l'essere umano non è sottomesso a tutte le leggi naturali.
Ad alcune, attualmente, pare non potersi sottrarre (ogni corpo cesserà di muoversi), ma quello che è evidente è che l'essere umano non ha una natura immutabile, neanche in una singola vita.

Non esiste questa fantomatica "natura umana". 

L'unico modo per definire una "natura umana", è "la capacità dell'essere umano di cambiare la propria stessa natura".

Ogni volta che qualcuno ci dice che dobbiamo fare qualcosa o peggio "accettare una situazione" (personale o sociale) perché "è nella natura dell'uomo", sta semplicemente imponendo il suo punto di vista cercando di utilizzare un sistema superiore a cui non ci si può ribellare (la natura). L'uomo è naturalmente cattivo, naturalmente aggressivo, naturalmente questo e naturalmente quello. L'uomo è tutto questo e il suo contrario. L'uomo forgia la propria natura con l'intenzione e si piega o ci piega imponendo questa intenzionalità e chiamandola “natura”, tentando in questo modo di negare la nostra intenzionalità e quindi facendoci violenza.

Bene, gli stati, la società, l'economia, non sono leggi naturali e anche se lo fossero potrei ribellarmi ad esse, perché sarebbero comunque leggi create dall'uomo nel suo atto di "cambiare la propria stessa natura".
Si tratta di un confronto tra intenzioni, tra aspirazioni, tra credenze. La società, l'organizzazione in stati, l'economia, non sono “naturali” e quindi “immutabili” e quindi “conseguenze di inaffrontabili leggi dell'universo”.

Nella scienza (in fisica per esempio) è chiaro quando si fa un “modello” della realtà, e tramite esso ci cerca di spiegare la realtà stessa. Quando la realtà contraddice il modello, si dice che il modello rappresenta un sottoinsieme della realtà oppure si cerca di modificare il modello per renderlo più “realistico” possibile.

Con l'essere umano questo non viene fatto. Si decide che la sociologia e l'economia sono “realtà” scientifiche e non “modelli” e quando qualcosa non si adatta, è “disadattata”. Se non ti adatti alla società, sei un disadattato.
No! E' il modello ad essere sbagliato! Non rappresenta adeguatamente le necessità né le peculiarità dell'essere umano. Se l'essere umano soffre, il modello è sbagliato. Questo deve essere chiaro. Se anche un solo essere umano soffre, il modello di società è sbagliato, il modello economico è sbagliato e qualsiasi studio, sociale o psicosociale, che non lo riconosce, è sbagliato oppure è uno strumento di incarcerazione.
L'unica cosa “vera” è che l'essere umano soffre. 

Se crei sofferenza in coloro che ti circondano, stai sbagliando qualcosa. Questo sono tutti pronti a sostenerlo. Se fai del male a qualcuno, sbagli qualcosa. Evidente.
Ma se un sistema sociale crea sofferenza in qualcuno, ci si arrende ad una fantomatica “naturalità”, ad una non si sa come immutabile “società” che è quella che è perché è quella che è, in una sorta di autoreferenziale o ricorsiva definizione priva di qualsiasi fondamento. Siamo così convinti che l'essere umano debba soffrire, che esiste la “natura umana” e che questa sia “soffrire fino a morire”, che accettiamo una società che crea sofferenza, un sistema economico e sociale basato sulla violenza perché “è naturale”

Beh, io dico solo una cosa. Un par di palle.

Nessun commento:

Posta un commento