Ciao cari amici. E' con un certo pudore e un po' di vergogna che vi racconto di aver percepito un'intenzione “altra”, un'intenzione che esisteva prima di me ed esisterà dopo di me.
Mi rendo conto che ammettere questa cosa mi è sommamente difficile, perché ho grande difficoltà ad immaginare qualche tipo di intenzione che non sia propriamente “umana” senza sentire il modo in cui per decenni mi è stato insegnato che questa cosa va sentita; senza immaginare quel dio, fatto in quel modo, con quelle leggi, con quelle caratteristiche, con quelle imposizioni, quella chiesa. Ho anche difficoltà a mettere la parola dio in maiuscolo, come se facendolo rendessi omaggio a quella chiesa che tanto disprezzo.
L'intenzione che ho percepito in realtà somiglia molto più al Tao di Lao Tze che a qualsiasi divinità “concreta” delle varie religioni, passatemi il termine, “-teistiche” di mia conoscenza. Ho sentito con irresistibile chiarezza questa intenzione, che posso paragonare al mare o al vento. Questa intenzione che, come il mare e il vento, non si cura delle singole barche; al mare e al vento non puoi chiedere di cambiare, di soffiare diversamente, di calmarsi; puoi opporti, vanamente, alla loro forza immensa, magari vincendo qualche battaglia, superando qualche onda, essere infine travolto da quella potenza, per poi ricominciare la battaglia; oppure puoi cercare di capirne il senso, la direzione, il funzionamento, e accompagnare quelle onde, quel vento, quel fluire immenso e possente, sentendoti finalmente libero vento in poppa e schizzi sulla faccia. Puoi opporti alle onde o usarle per muoverti velocemente più meno nella direzione di quella intenzione.
E' inutile pregare il vento e il mare di cambiare direzione. Puoi prendere energia dal mare e dal vento, puoi usarli se li senti, ma non li puoi “comprendere”... forse è un esercizio futile “parlarne” (di Dio non si può parlare, lo si può sperimentare). Questa intenzione è la forza stessa della storia, che ha sempre travolto qualsiasi epoca, ognuna delle quali si è sempre considerata “quella giusta, quella naturale, lo stato delle cose”. Ogni civiltà, ogni momento storico, si è sempre illuso di essere stabile, che le cose sono in un certo modo perché è naturale che siano in quel modo, ci saranno cambiamenti minori, ma “questo è Dio, questo è l'uomo, questa è la società, questa è la natura”... inevitabilmente la storia ha travolto questa granitica certezza e Dio, l'uomo, la società e la natura sono diventati altro. Inevitabilmente i pazzi di un epoca sono stati chiamati precursori illuminati dagli uomini dell'epoca successiva.
Ma la storia, l'intenzione, non si è curata di questo. La storia ha travolto anche queste diatribe. Perché la storia non si cura più di tanto di Riccardo Coletta. E' Riccardo che può curarsi o meno della storia, contribuire o lasciarsi trasportare, anche opporsi, anche ritardando (se ha sufficiente influenza) per qualche misero secolo o anche millennio, l'arrivo del vento a destinazione. Ma quella forza primordiale, lanciata in qualche momento partendo da una qualche parte e diretta verso qualche altra parte, ha una direzione e nessuno potrà mai spostare quella spinta.
Questa forza storica, questa travolgente energia spirituale, ha fatto una cosa che mai mai avrei ritenuto possibile... e un po' mi vergogno a dirlo. Ieri, mi sono inginocchiato, poggiando la fronte in terra, e ho ringraziato. E non mi sono inginocchiato come ho sempre creduto che ci si inginocchiasse, ovvero per timore, per obbedienza, per reverenza. Mi sono inginocchiato perché ero commosso. Mi sono inginocchiato come si inginocchiano gli Zen, prima di fronte al seggio sul quale hanno meditato e solo dopo alla statua del Buddha, ringraziando per ciò che ha lasciato noi, per l'opportunità che la sua compassione ci ha concesso. Mi sono inginocchiato alla vita, a Riccardo, al Tao, a Dio, alla Morte, a tutti voi che contribuite giorno per giorno, ognuno a modo suo, alla forza storica che cerca la luce. Ho pregato come non ho mai pregato prima. E per un attimo, un'allegria immensa e incontenibile. Per un attimo, tutto era giusto e io ero giusto. Per un attimo, il sospetto del senso.
Vorrei ringraziare uno per uno tutti voi, che in un modo o nell'altro avete contribuito a che io fossi qui, ora, in questa situazione, a fare quello che sto facendo.
Ringrazio mio fratello, presenza indubitabile, colonna inamovibile
Ringrazio papà, che straordinario uomo
Ringrazio Raffa, più di15 anni insieme, ci vuole una lettera tutta per te, ma non esistono parole
Ringrazio mamma, follia di incomprensibile amore
Ringrazio Filippo, preoccupata compassione e tenerezza
Ringrazio Alberto, con lo sguardo altero/canzonatorio. Tanta robba.
Ringrazio lo Zio Eracle, improbabile amico dalle risate smodate, mai banali né inutili
Ringrazio Chiara, per “E mo basta!”, il De Lollis, eravamo piccolini, che potenza che sei
Ringrazio Emiliano, asceta sereno cosciente, che appare da lontano chiamato dal Senso
Ringrazio il Dibbi, impensabile e trasparente
Ringrazio Ruggero, concentrato delle virtù che vorrei manifestare
Ringrazio Sara, stella brillante
Ringrazio Alice, piccola piccola, grande grande
Ringrazio Cecilia, una spremuta d'amore forte, senza ghiaccio grazie, da bere piano
Ringrazio Roberto, delicato con tutto
Ringrazio Andrea, che te possino, che non ho mai visto vacillare nella tua fede leggera
Ringrazio Viviana, giunta da chissà dove per accompagnarmi in questo viaggio
Ringrazio Rita, custode di una grande emozione, sorprendente nella sua puntualità
Ringrazio Bruno, e il caffè ristretto, che a pensarti mi viene sempre tanta allegria con una lacrima
Rosa, Luis, il Maestro.
Li dovrei nominare uno per uno, tutti. I nomi m'ingolfano la gola, le lacrime gli occhi. Camillo, Agostino, Paolo, Marco, Fulvi vari, Sandro, Alessandro, le Berarde e le Crocche, Chiara e Manuela Moncada bellissime da togliere il fiato, Emanuela, Stefania, le Federiche, Michele e Michele, Nenna, Alicia da cui ho dato il nome a mia figlia, Dario Ergas, Salvatore, GiovannaMiriam, Gianni, Betta, Kate, Lollo, Dario, Enza, Federico, Lorenzo, Marietto, Saed, Monica, Gianluca, qualche Claudio, Maria, Fernando, Laura, Loredana... voi e le vostre famiglie, i vostri amici, coloro che vi hanno reso ciò che siete per poi incontrare me... siete tantissimi... non c'è file né cuore abbastanza grande a tenervi tutti, a tenere tutto, a tenerne uno. Quanti nomi ho dimenticato. Quanti nomi non conosco nemmeno ma mi sono dentro comunque.
Vorrei che ognuno potesse sentire quanto sono grato, leggere quanto scrivo, che questo testo facesse il giro del mondo passando nelle mani di ogni essere umano che mi ha sfiorato. Quanto siete importanti dentro di me. Tutti e ognuno. Tutti i giorni.
Per ognuno di voi c'è un “quella volta lì” che non dimenticherò mai e che ha fatto di me ciò che sono.