La vita ci mette invariabilmente di fronte a situazioni di grande conflitto.
Non rifletto oggi sulla misura di quanto questo dipenda da nostre scelte, da nostre ricerche. Rifletto oggi su come la mente configura la realtà in queste situazioni di grande conflitto.
Provo una grande frustrazione, un dolore fisicamente intenso al centro del petto. Il conflitto ricopre la coscienza, che viene risucchiata in quello stato allucinatorio.
L'aspettativa, il controllo, l'illusione. Questi tre argomenti oggi salgono alla mia mente. In realtà, quando mi connetto con la parte migliore di me, quando riesco ad abbassare un po' il rumore, sono in presenza dell'essenza delle cose e sento con chiarezza che nulla mi può fare veramente male.
Morirò... e di fronte a questa realtà ineludibile, molti dei conflitti mondani perdono il loro potere allucinatorio, tornando alla dimensione transitoria che gli è propria.
Cosa avviene invece quando non sono così lucido? Quando il potere dei conflitti è così grande da causarmi un dolore “fisico”?
L'aspettativa. Riempio la mia esistenza di aspettativa... immagino uno stato per una situazione e delego al raggiungimento di questo il mio futuro emotivo, il mio stato mentale. Credo con tanta forza che “se le cose stessero in un certo modo io sarei felice”, che quando inevitabilmente le cose vanno come vanno, scopro un vuoto e la compensazione del nulla.
Il controllo. Sono così concentrato sulla mia aspettativa e credo così fortemente in essa, che concentro una quantità spropositata di energie per appagare quella stessa aspettativa. Piego, forzo e nego l'innegabile pur di vivere quell'aspettativa, anche solo per un po' di tempo.
L'illusione. Credo veramente in quell'illusione. Sono assorbito da quella illusione. Sono così attratto da quell'aspettativa, da vedere solo ciò che la rende reale, da scartare qualsiasi ipotesi incongruente, da percepire la realtà come fosse proprio nel modo più propizio, in un modo che renda quell'aspettativa realizzabile, possibile... “ho bisogno solo di un attimo in più, di quel colpo di fortuna, dell'incastro di quelle cosette”.
Ma prima o poi torno all'essenza delle cose. Fortunatamente.
Ci posso tornare per caso, attendendo che gli eventi e la coscienza mi obblighino a vedere ciò che non voglio vedere, in una turbine di frustrazione e “sorpresa”.
Oppure posso aprire. Aprire la mente al cambiamento e la coscienza al fallimento. Allargare lo sguardo in modo che comprenda ciò che non è, ciò che non sarà, ciò che è stato e ciò che può essere.
Non posso individuare una credenza come tale fin quando ci credo, poiché fin quando ci credo per me è la realtà dei fatti. Ma posso tenermi aperto al fallimento. Posso quotidianamente meditare, in attenta ed umile ricerca, per intuire ciò che sta intorno a ciò che è, ciò che sembra non essere ma che in quanto intuibile non può che essere. Essere come possibilità, per quanto assurda.
Quando sento un grande conflitto interno, ritorno ad un momento di grande positività poiché non c'è modo di comprendere un conflitto se si è in clima di conflitto, se si è totalmente nel conflitto. Per fare questo devo superare un pudore di questi tempi che mi fa dire “stai manipolando il tuo stato d'animo!”. Certo che sto manipolando il mio stato d'animo e ringrazio di avere imparato a farlo. Non c'è nulla di male ad essere capaci di intervenire su se stessi per allontanare la sofferenza, poiché questo non significa ignorare un problema, non affrontarlo, o fuggirlo. Significa scegliere quale parte di se deve affrontare questo conflitto.
Quando tocco l'essenza più profonda di tutto ciò che esiste, nulla può farmi veramente male. Questa intuizione può proporsi con una forza tale da poter essere richiamata in qualsiasi momento e la fede in essa può veramente cambiare l'atteggiamento nei confronti della vita.
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