La difficoltà mi nasce quando questo concetto, che a livello astratto pare chiarissimo, deve essere messo in pratica nella vita quotidiana, in situazione pratica, o anche solo durante una riflessione su un evento realmente accaduto.
Chiacchierando con un mio caro amico, mi suggeriva un punto di vista che mi è sembrato molto interessante e su cui ho deciso di meditare.
Quando mi trovo in
una situazione che coinvolge altri, questi fanno cose, dicono cose, hanno atteggiamenti, pensieri, intenzioni, che generano movimenti e nuovi stati in me. Quando mi trovo in queste situazioni, quando sono influenzato dall'azione altrui tendo a dare una risposta agli stimoli e questa risposta tende ad essere meccanica, determinata dal mio essere in quel preciso istante, senza libertà, secondo la meccanica dell'adesione/rifiuto, il pendolo dell'opposizione invece che del complemento.
Qui nasce la riflessione del mio amico: quando mi trovo in questa situazione, se ho la fortuna e la lucidità di posticipare un attimo la risposta, posso pormi una domanda prima di agire: “se fossi io a comportarmi in questo modo con l'altro, se fossi io a dire esattamente queste cose all'altro, come mi piacerebbe che l'altro rispondesse?”. Non importa se nel nostro immaginario sono convinto che io non farei o direi quello l'altro sta dicendo o facendo (o ha detto o fatto), né è importante che siano cose che ci fanno piacere o dispiacere. L'importante è immaginare di agire verso l'altro come l'altro sta agendo verso di noi e immaginare quale risposta ci piacerebbe ci fosse restituita. E se non ho la lucidità di farlo prima, posso sempre pormi la domanda dopo: “se io avessi agito con l'altro come lui ha agito con me, come mi sarei sentito se l'altro avesse risposto come ho risposto io? Come avrei voluto che rispondesse invece?”. Meditazione semplice.
“Se mi comportassi con l'altro esattamente come lui si sta comportando con me, come gradirei che l'altro mi rispondesse?”. Provo a immaginare l'altro che mi risponde come io stavo per rispondere. O provo a immaginare l'altro che mi risponde come ho già risposto se non ho saputo porre freno alla compulsione.
La meditazione su questo punto è molto profonda.
“Se io facessi all'altro ciò che lui sta facendo a me, come vorrei che reagisse? Come vorrei che mi guardasse? Cosa vorrei che dicesse? Cosa vorrei che facesse o non facesse? E se proprio mi deve redarguire, come vorrei che lo facesse? Con quali parole? Con che tono?”
“Se io dicessi all'altro ciò che l'altro sta dicendo a me, come vorrei che reagisse? Come vorrei che mi guardasse? Cosa vorrei che dicesse? Cosa vorrei che facesse o non facesse? E se proprio mi deve redarguire, come vorrei che lo facesse? Con quali parole? Con che tono?”
E se non sono ancora in grado di agire con tale livello di libertà, uso questa meditazione nella revisione quotidiana.
Osservo ogni situazione che ho vissuto nel giorno, in particolare i conflitti: immagino i conflitti a parti invertite: “Se fossi stato l'altro, cosa avrebbe prodotto in me la mia risposta? Come avrei voluto che l'altro mi rispondesse?”
La profondità di questa cosa mi può sfuggire facilmente. Non si tratta di una divagazione, così per fare. Si tratta di una riflessione molto profonda di cui colgo la portata solo quando mi soffermo abbastanza a lungo. Non è il mio solito pensare “devo trattare l'altro come vorrei essere trattato”, generico, lontano, “utopico”. E' qualcosa di terreno, reale, pratico, Sacro.
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