Non c’è registro(*) della trascendenza; non c’è registro di Dio. Forse tutto è trascendenza e tutto è Dio, e per questo, precisamente, non c’è registro. Per questo, se qualcuno ci dice che c’è trascendenza e c’è Dio, gli diremo che questo va bene; se qualcuno ci dice che non c’è trascendenza né Dio, gli diremo che questo va bene. In entrambi i casi diremo che va bene non per via della prova, bensì della credenza: tale è lo stato della questione e l’atteggiamento aperto della mente. E se osserviamo la mente stessa, dove sta essa? Solo nell’intelligenza umana? Se questo è così, che significato ha la sua apparizione tra le cose naturali? E se la mente non si trova solo nell’intelligenza umana, da dove sorge e fino a dove si estende? Dove sono i limiti? Forse negli individui, che appaiono come delimitati, come separati tra loro? Allora, come possono questi individui registrare la propria mente? Senza dubbio la mente è più interessante che la trascendenza e Dio.
E per ciò che ci riguarda, osserviamo che a seconda delle condizioni che poniamo al lavoro della mente, essa si esprime con la sua maggior potenza o limitatamente. E questo è il nostro problema. È la sofferenza ciò che impedisce la più profonda espressione della mente. Non sono le domande né le risposte sulla questione di Dio e la trascendenza a risolvere la sofferenza. Per questo studiamo le tre vie della sofferenza e studiamo la radice possessiva della sofferenza, perché lì si trova la soluzione. Però la radice possessiva della sofferenza non è facile da estirpare, poiché in tutto si trova il possesso. E quando si comprende questo, si inizia a cercare il non-possesso… possessivamente. E colui che vuole non possedere, rimane anch’egli chiuso nel circolo della propria sofferenza; e colui che vuole non soffrire, soffre per questo stesso motivo.
Noi studiamo le tre vie della sofferenza e la loro radice possessiva, però non cerchiamo di non possedere, perché anche questo genera sofferenza. Cerchiamo di comprendere, e di generare un nuovo atteggiamento. Questo nuovo atteggiamento si va generando per registri interni, non per valutazioni oggettuali esterne. Di conseguenza, riferendoci a registri interni che vanno dando luogo a un nuovo atteggiamento, non ci preoccupiamo di essere possessivi né di lasciare il possesso in noi, perché questo verrà dopo che si generi un nuovo atteggiamento o allo stesso tempo. Noi studiamo le tre vie della sofferenza e la loro radice possessiva, però non cerchiamo di non possedere, perché anche questo genera sofferenza. Cerchiamo di comprendere, e di generare un nuovo atteggiamento in base a registri di unità o contraddizione interna, e non in base a registri di possesso o non-possesso. Per questo, noi studiamo le tre vie della sofferenza e la loro radice possessiva e generiamo un nuovo atteggiamento liberatore quando, agendo, otteniamo registri di unità interna.
E come produciamo simili registri? Forse valorizzando gli oggetti in modo speciale? Senza dubbio no. È qui quindi, sintetizzata, la dottrina sulla liberazione della mente. Se qualcuno mi chiede qual è la cosa più importante, gli dirò: devi comprendere le tre vie della sofferenza, che sono la sensazione, la memoria e l’immaginazione; devi anche comprendere la radice possessiva della sofferenza. E se mi chiede cosa deve fare oltre a comprendere, gli dirò(**):
- Andare contro l’evoluzione delle cose è andare contro sé stessi.
- Quando forzi qualcosa per raggiungere un fine, produci il contrario.
- Non opporti ad una grande forza. Retrocedi finché non si indebolisce; allora avanza con risolutezza.
- Le cose stanno bene quando vanno insieme, non quando vanno separate.
- Se per te stanno bene il giorno e la notte, l’estate e l’inverno, hai superato le contraddizioni.
- Se persegui il piacere, ti incateni alla sofferenza. Ma se non danneggi la tua salute, godi senza inibizioni quando si presenta l’opportunità.
- Se persegui un fine, ti incateni. Se tutto ciò che fai, lo fai come un fine in se stesso, ti liberi.
- Farai sparire i tuoi conflitti quando li avrai compresi nella loro radice ultima, non quando li vorrai risolvere.
- Quando danneggi gli altri, ti incateni. Ma se non danneggi nessuno puoi fare quello che vuoi con libertà.
- Quando tratti gli altri come vuoi essere trattato, ti liberi.
- Non importa da che parte ti abbiano messo gli eventi, ciò che importa è che tu comprenda di non aver scelto nessuna parte.
- Gli atti contraddittori e quelli unitivi si accumulano in te. Se ripeti i tuoi atti di unità interna, niente ti potrà fermare.
E questa è quindi la dottrina e la proposta precisa: studia, investiga, medita e comprendi progressivamente le tre vie della sofferenza e la loro radice possessiva, mentre vai generando in ogni istante un nuovo atteggiamento in accordo a questi principi. In questo tempo siamo stati studiando e lavorando a un livello con le tre vie della sofferenza e la loro radice possessiva, però rimane per te la proposta di investigare, meditare e comprendere progressivamente mentre andiamo generando, istante dopo istante, un nuovo atteggiamento liberatore della mente.
(*) Registro: è un termine usato molto nel Siloismo che può essere tradotto come “vissuto”, “vissuto interno”, “struttura complessa di percezioni/sensazioni mentali/emotive/fisiche relative ad un oggetto di analisi”. NdT
(**) “I dodici principi di azione valida”. E' importante comprendere che questi principi (indirizzi, suggerimenti su cui meditare e sperimentare, non regole o precetti da seguire con fede) vanno intesi come un unicum, e non separatamente. Analizzarne uno da solo può essere molto utile ma può anche portare a fraintendimenti se non si tiene sempre conto (in compresenza) degli altri 11. NdT.
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