venerdì 21 ottobre 2016

Meditazione semplice

La coscienza di se non si esercita esercitando la coscienza di se.
Il semplice esercizio non ha la carica emotiva sufficiente.

Senza una motivazione profonda, una direzione evolutiva, un obiettivo chiaro (forse ha a che vedere con il proposito), esercitare la coscienza di se non produce grandi risultati.

La coscienza di se si produce solamente aumentando la disponibilità di energia psicofisica e questa disponibilità ho imparato ad aumentarla in due modi: aumentando la concentrazione (dell'energia) e diminuendo la dispersione

La concentrazione aumenta con il lavori con la forza, l'uffizio, il benessere, la richiesta.

La dispersione diminuisce risolvendo i conflitti, distruggendo le contraddizioni. Per ognuno si manifesta in modo diverso, ma come abbiamo imparato, le manifestazioni e le rappresentazioni sono transitorie, mentre la struttura e l'essenza è permanente. 
Nel mio caso si manifesta come "fuga dalla sofferenza". Grande quantità di energia è dedicata all'allontanamento della sofferenza, ma dato che allontanandola questa non sparisce, l'energia dedicata a questo lavoro è costante e si rinnova attimo dopo attimo, in un interminabile spreco di Forza che la coscienza potrebbe usare altrimenti. Nel mio caso quindi il lavoro consiste nel vivere la sofferenza, senza fuggirla. Osservarla, in modo aperto e accogliente; accettare la sua esistenza e ricordare che anch'essa è transitoria, una delle tante espressioni della struttura cose-complemento. Questo lavoro si riassume nel principio "Risolverai i tuoi conflitti quando li comprenderai nella loro radice ultima, non quando li vorrai risolvere".
Questo lavoro ha a che vedere con la meditazione semplice, è essenzialmente meditazione semplice. Osservare i conflitti e le inquietudini e avvicinarsi lentamente ("in attenta e umile ricerca") alla loro radice ultima.

In questo credo di aver capito quando Silo dice, nel materiale sulla meditazione trascendentale, "La meditazione semplice abilita la coscienza di se".

Mi scopro quindi sempre più spesso a praticare questa meditazione semplice non solamente la sera prima di "chiudere la giornata", ma anche mentre parlo con le persone, mentre faccio cose, mentre piego i panni, mentre carico la lavastoviglie e mi rendo conto che questa è la coscienza di se. Non uno stato di luce e miracoli, ma brevi momenti di lucidità che si ripetono ogni giorno con più frequenza e durante i quali una strana sensazione di "andando all'essenza più profonda delle cose e all'eternità del tempo, nulla può farmi veramente male" mi riempie di una serena allegria che pare non potersi mai esaurire.

Le contraddizioni altrui acquisiscono una dimensione più compassionevole, poiché vedo in quella il mio stesso incatenamento e il mio stesso determinismo. Io e te litighiamo e quando raccontiamo il nostro litigio, entrambi siamo perfettamente convinti di avere ragione... solo che avere ragione è incredibilmente sopravvalutato

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