lunedì 24 ottobre 2016

Controllo e Influenza

Continuo a pensare al lasciare andare.

Smettere di tentare di avere il controllo totale. 

Ci sono cose di cui non posso avere il controllo e ci sono situazioni che per mantenere sotto controllo richiedono di forzare, di piegare.

La domanda da porsi è: ne vale veramente la pena? E' una questione di economia. Per rispondere adeguatamente a questa domanda, bisogna porne molte altre ed tentare di essere veramente onesti con se stessi

Cosa voglio ottenere?
Cosa succede se non controllerò questa situazione?
A discapito di chi o di cosa va questo mio controllo?
Ci sarà un conflitto per ottenere questo controllo?
Questo conflitto, con chi o cosa è?
Quanta energia richiederà vincere questo conflitto?
Quanta energia richiederà convivere con gli effetti di questo conflitto?
Vincere o perdere sarà differente nella sua essenza?

Faccio un po' di silenzio. Inspiro profondamente. Espiro profondamente. Ancora. Ancora. Cosa si nasconde dietro questa necessità di controllo? Cosa si nasconde dietro la infondata certezza che le cose sarebbero migliori se si facessero, andassero o succedessero esattamente come dico io?

Per quanto io possa tentare di controllare tutto, le cose sono come sono e vanno come vanno. Tentare di influenzare il mondo che mi circonda ha un senso, tentare di controllarlo no. L'influenza è un'azione lieve, decisa, cosciente e possibilista perché non legata all'esito. Il tentativo di controllo è un'operazione pensante, contratta, attaccata al risultato, frustrante nel suo fallimento. Per influenzare devi connetterti con le cose e le persone, con ciò che sono e ancor più con ciò che possono essere. Per controllare devi spogliare le cose e le persone della loro essenza, e ti connetti con ciò che credi delle cose e delle persone, con ciò che vuoi che siano.

Inspiro profondamente. Espiro profondamente. Una, due, tre, dieci volte. Il controllo non può esistere nel silenzio e il desiderio di controllo non può esistere nella calma e nella pace. Nella pace esiste la propria influenza, la propria essenza e l'essenza delle cose. Nella calma, la propria influenza è paradossalmente forte quanto la propria rinuncia al controllo; nel connettermi con la parte migliore di me, intuisco che le cose sono come sono e tutto è parte di una struttura in cui sono incluso. Se tento di controllare, sono controllato, sono determinato, sono imprigionato nelle regole dell'ego e del prestigio. Se accetto di non avere il controllo, posso far si che la parte migliore di me si esprima... quella parte di me che non risponde alle regole, che sfugge alla dicotomia degli opposti, che non ha controllo perché non può essere controllata.

Divento testimone della natura più profonda dell'essere umano che illumina ciò che tocca. Divento testimone dell'incomprensibile essenza più profonda delle cose, che è tale solo quando non è concepita, concepibile, rappresentabile e quindi ne perdo l'essenza nel volerla possedere. Si tratta ancora di un lasciar andare, di un non controllare, di un vivere intensamente, con presenza di se, l'azione di ciò che non può essere controllato e quindi non può controllare.

Per un attimo ho la sensazione che tutte le cose andranno nell'unico modo possibile.

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