giovedì 9 novembre 2017

Limiti del pensiero

Rilasso completamente il corpo ed acquieto la mente.

Seguo lentamente e con attenzione il fluire dei pensieri, il trasformarsi di un pensiero in un altro. Tutto segue una logica inflessibile, magari a volte oscura, ma inflessibile. Ogni pensiero sembra provenire da un pensiero già pensato; la memoria sorge apparentemente spontanea, e ogni atto mentale è frutto di un paesaggio che è già in me... 

Ma se ogni pensiero è frutto di un pensiero precedente, la vita diviene semplicemente la proiezione di un paesaggio.
Il maestro dice:
3. E se la vita è solo lo specchio che riflette un paesaggio, come potrà cambiare ciò che riflette?
4. Tra la fredda meccanica dei pendoli ed i fantasmi di un’ottica di soli specchi, che cosa puoi affermare tu senza negare, o senza tornare indietro o senza ricorrere ad una ripetizione aritmetica?

Comprendo che il pensiero è insufficiente, ma lo posso comprendere solamente dopo aver spinto il pensiero fino ai suoi limiti. Solo dopo aver tentato in ogni modo di liberare la mente dai vincoli della memoria e del determinismo, posso arrendermi all'evidenza. Dopo aver tentato ogni strada, aver tentato di pensare ogni pensiero e aver tentato di pensare al di là del pensiero, lo spazio vuoto tra i pensieri, il silenzio dietro i suoni, posso veramente accettare che c'è un limite oltre il quale il pensiero non può andare e quindi comprendere che il pensiero è insufficiente.

Ma c'è un limite... e nel concetto stesso di limite esiste la separazione tra due “luoghi”. Se esiste un limite oltre il quale la mente non può andare, esiste un “luogo” al quale la mente non può accedere, ma che esiste, o non ci sarebbe il limite.

Allora spingo la mia mente fino a quel limite e, come dice un mio caro amico, mi siedo. E seduto su quel limite, ad osservare l'abisso che non può essere contemplato, in uno strano momento qualcosa si lancia in qualche posto. E' un “luogo” dove il pensiero non può andare e quindi non può essere pensato e quindi non è il pensiero che si lancia in quel luogo, ma altro... alcuni lo chiamano il Sé, il Sé più profondo, l'Io profondo, Dio, la Buddhità... e la mente si spegne, in attesa che quel qualcosa ritorni da quel dove. Il nulla?

E poi quel qualcosa torna da quel dove e la mente si riattiva... E' qualcosa che torna da un dove, non il nulla che torna dal nulla. E nel tornare porta con se delle cose... e iniziano le concomitanti, le luci, i suoni, le allegorie, le immagini, i ricordi, le emozioni... e ancora una volta il pensiero tenta di riaffermarsi e riaffermare. E chiama queste concomitanti “l'esperienza”.

Ma non è così. Non è il pensiero ad avere l'esperienza. Non è l'io ad avere l'esperienza. L'io e il pensiero fanno un inevitabile tentativo di afferrare l'inafferrabile, dando colore, forma e movimento a ciò che non ne ha. E come dice un altro mio amico, l'io atterrito trema e si pente pensando “ma cosa diavolo ho combinato?”

E posso quindi solo rilassare completamente il corpo ed acquietare la mente, per accettare che non sono il pensiero e la memoria, né il determinismo, né l'io, ma sono anche ciò che non può essere pensato. E quella parte di me che va dove il pensiero non può giungere ha la sua dignità, la sua compassione. E nel tornare da quel dove, porta con se delle cose, che alimenteranno il determinismo e la memoria, come un seme invisibile, come un calore lontano. Che fosse questo morire? Lanciare un'ultima volta il Sé oltre i limiti del pensiero? E' per questo che l'io ne ha tanta paura?

Tutto ciò che mi rimane da fare, è spingere il pensiero verso i limiti del pensiero... e rilassare le tensioni. Il resto di ciò che fa la mente, è azione e reazione.

5. Se dici sì a ciò che cerca se stesso, a ciò che ha per natura il trasformarsi, a ciò che non trova sazietà in se stesso e che è essenzialmente aperto al futuro, allora ami la realtà che costruisci. Questa è allora la tua vita: la realtà che costruisci!
6. E ci sarà azione e reazione ed anche riflesso e incidente; ma se avrai aperto il tuo futuro, niente potrà fermarti.

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