giovedì 24 marzo 2016

Mi sento solo

In questo momento mi sento solo.
Cosa significa “mi sento solo”? Sono solo o no? Mi ci sento... ma lo sono veramente? Allora per capire cosa significa “mi sento solo” devo prima capire cosa significa “sono solo”? Cosa è la solitudine? Allora, dopo aver capito cosa significa “essere solo”, posso dire che “mi sento solo” significa in realtà “mi sento come se fossi solo” o anche “mi sento come ci si sente quando si è soli”? E se “mi sento solo” in realtà significa “mi sento come se fossi solo”, questo non significa per caso che in realtà non sono affatto solo o quantomeno che non so se sono solo? Perché se fossi solo e lo sapessi, direi “sono solo” e non “mi sento solo”. Se dico “mi sento solo” ovvero “mi sento come se fossi solo” sto dicendo che “non sono solo” (oppure che “non so se sono solo”), ma mi sento come se lo fossi.

Posso quindi dire che “mi sento solo” è uno stato mentale e non un dato di fatto? Che quando dico “mi sento solo” non sto dicendo agli altri che sono solo, ma che la mia mente si trova nello stato di “sentirsi solo”? E se sperimento questo stato di “sentirsi solo” come negativo, perché lo produco? Come ci sono finito? Perché “mi sento come se fossi solo” se in realtà non sono solo o non so se sono solo o meno? Forse significa “ho paura di essere solo”?

Curiosamente, a volte mi sento solo stando in compagnia, mentre a volte non mi sento solo pur essendo fisicamente solo.

Se non è la presenza o l'assenza degli altri la causa, cosa mi fa “sentire come se fossi solo” allora? Potrei dire “la coscienza che ci sono altri e che questi fanno parte della mia vita non mi fa sentire come se fossi solo”. Allora dovrei capire in quali momenti sento questa presenza degli altri e in quali momenti non la sento o smetto di crederci? “Sentirmi come se fossi solo” è allora una di queste due cose: dimenticarsi che ci sono gli altri, sempre, anche quando non li vedo; oppure rendersi conto che gli altri non ci sono, mai, anche quando li vedo. O c'è un'altra possibilità? Oppure la presenza degli altri non c'entra affatto e che il sentirsi solo ha a che vedere con altro?

Quindi le possibilità mi sembrano due. Sono solo e a volte m'illudo di non esserlo e “mi sento solo” in realtà è un barlume di lucidità che mi fa comprendere che in realtà sono solo, sempre (allora però dovrei dire “sono solo” e non “mi sento solo”). Oppure non sono mai solo e “mi sento come se fossi solo” è un errore che compiamo quando, in uno stato emotivo “negativo” (inteso come sofferente, non piacevole), mi dimentico che gli altri esistono.

Personalmente penso la seconda. Proprio perché non dico “sono solo” ma dico “mi sento solo” e quindi, in profondità, nel mio animo, so che sto parlando di uno stato d'animo, che “mi sento come se fossi solo ma non lo sono”. Penso quindi che la solitudine sia uno stato mentale in cui non percepisco correttamente gli altri, mi focalizzo più su ciò che ci divide invece che su ciò che ci unisce, su ciò che ci allontana invece che su ciò che ci avvicina. E quindi “mi sento solo”. Penso che sia così perché non mi viene mai da dire “sono solo”, per quanto ci ragioni, ho l'impressione che non sono solo, che “mi ci sento anche se non lo sono”. Che le persone ci sono, anche quelle con cui ho avuto grandi conflitti, anche quelle che per circostanze vitali non incontro fisicamente quasi mai, ci sono. Stiamo tutti combattendo la nostra battaglia, quella contro la sofferenza, contro l'abisso, chi in modo più evidente chi meno. Siamo tutti là, in balia delle stesse onde; per alcune di queste persone faccio il tifo con tutto me stesso, altre le guardo con ammirazione, altre con curiosità o sgomento. Mi sento solo quando, aggrappato alle mie sensazioni, erroneamente penso che siano cose mie, che riguardano me, che io soffro e gli altri no, che non mi possono capire. Non mi sento solo quando la mia vita è parte di tutto, e che la mia gioia, la mia allegria, le mie preoccupazioni, le mie frustrazioni, i miei risentimenti, le mie liberazioni, i miei sogni sono le gioie e le sofferenze di tutti. Non mi sento solo quando so (no “penso” o “credo”, “so”) che gli altri mi capiscono benissimo, non con la testa, ma con “il sentire”... perché gli altri sentono quello che sento io. Sentono la frustrazione, la “solitudine”, il successo, il fallimento, la gioia, la distensione, l'angoscia. Sono cose che sentono tutti, non ne ho dubbi, quindi mi capiscono e io capisco loro. Capita solo che a volte penso di essere il solo a sentire queste cose e quindi “mi sento solo”.


Ho deciso. “Mi sento solo” significa che sto pensando che gli altri non mi possono capire, perché non ho parole per descrivere l'abisso. Ma se prendo coscienza che anche gli altri percepiscono l'abisso e che anche a loro capita di non avere parole per descriverlo, allora so (non “penso” né “credo”, ma “so”) che non sono solo. Se prendo coscienza che gli altri soffrono la loro battaglia e faccio il tifo o guardo con ammirazione, paura o sgomento la loro battaglia, allora non mi sento solo.

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