In questo momento mi sento solo.
Cosa significa “mi sento solo”?
Sono solo o no? Mi ci sento... ma lo sono veramente? Allora per
capire cosa significa “mi sento solo” devo prima capire cosa
significa “sono solo”? Cosa è la solitudine? Allora, dopo aver
capito cosa significa “essere solo”, posso dire che “mi sento
solo” significa in realtà “mi sento come se fossi solo” o
anche “mi sento come ci si sente quando si è soli”? E se “mi
sento solo” in realtà significa “mi sento come se fossi solo”,
questo non significa per caso che in realtà non sono affatto solo o
quantomeno che non so se sono solo? Perché se fossi solo e lo
sapessi, direi “sono solo” e non “mi sento solo”. Se dico “mi
sento solo” ovvero “mi sento come se fossi solo” sto dicendo
che “non sono solo” (oppure che “non so se sono solo”), ma mi
sento come se lo fossi.
Posso quindi dire che “mi sento solo”
è uno stato mentale e non un dato di fatto? Che quando dico “mi
sento solo” non sto dicendo agli altri che sono solo, ma che la mia
mente si trova nello stato di “sentirsi solo”? E se sperimento
questo stato di “sentirsi solo” come negativo, perché lo
produco? Come ci sono finito? Perché “mi sento come se fossi solo”
se in realtà non sono solo o non so se sono solo o meno? Forse
significa “ho paura di essere solo”?
Curiosamente, a volte mi sento solo
stando in compagnia, mentre a volte non mi sento solo pur essendo
fisicamente solo.
Se non è la presenza o l'assenza degli
altri la causa, cosa mi fa “sentire come se fossi solo” allora?
Potrei dire “la coscienza che ci sono altri e che questi fanno
parte della mia vita non mi fa sentire come se fossi solo”. Allora
dovrei capire in quali momenti sento questa presenza degli altri e in
quali momenti non la sento o smetto di crederci? “Sentirmi come se
fossi solo” è allora una di queste due cose: dimenticarsi che ci
sono gli altri, sempre, anche quando non li vedo; oppure rendersi
conto che gli altri non ci sono, mai, anche quando li vedo. O c'è
un'altra possibilità? Oppure la presenza degli altri non c'entra
affatto e che il sentirsi solo ha a che vedere con altro?
Quindi le possibilità mi sembrano due.
Sono solo e a volte m'illudo di non esserlo e “mi sento solo” in
realtà è un barlume di lucidità che mi fa comprendere che in
realtà sono solo, sempre (allora però dovrei dire “sono solo” e
non “mi sento solo”). Oppure non sono mai solo e “mi sento come
se fossi solo” è un errore che compiamo quando, in uno stato
emotivo “negativo” (inteso come sofferente, non piacevole), mi
dimentico che gli altri esistono.
Personalmente penso la seconda. Proprio
perché non dico “sono solo” ma dico “mi sento solo” e
quindi, in profondità, nel mio animo, so che sto parlando di uno
stato d'animo, che “mi sento come se fossi solo ma non lo sono”.
Penso quindi che la solitudine sia uno stato mentale in cui non
percepisco correttamente gli altri, mi focalizzo più su ciò che ci
divide invece che su ciò che ci unisce, su ciò che ci allontana
invece che su ciò che ci avvicina. E quindi “mi sento solo”.
Penso che sia così perché non mi viene mai da dire “sono solo”,
per quanto ci ragioni, ho l'impressione che non sono solo, che “mi
ci sento anche se non lo sono”. Che le persone ci sono, anche
quelle con cui ho avuto grandi conflitti, anche quelle che per
circostanze vitali non incontro fisicamente quasi mai, ci sono.
Stiamo tutti combattendo la nostra battaglia, quella contro la
sofferenza, contro l'abisso, chi in modo più evidente chi meno.
Siamo tutti là, in balia delle stesse onde; per alcune di queste
persone faccio il tifo con tutto me stesso, altre le guardo con
ammirazione, altre con curiosità o sgomento. Mi sento solo quando,
aggrappato alle mie sensazioni, erroneamente penso che siano cose
mie, che riguardano me, che io soffro e gli altri no, che non mi
possono capire. Non mi sento solo quando la mia vita è parte di
tutto, e che la mia gioia, la mia allegria, le mie preoccupazioni, le
mie frustrazioni, i miei risentimenti, le mie liberazioni, i miei
sogni sono le gioie e le sofferenze di tutti. Non mi sento solo
quando so (no “penso” o “credo”, “so”) che gli altri mi
capiscono benissimo, non con la testa, ma con “il sentire”...
perché gli altri sentono quello che sento io. Sentono la
frustrazione, la “solitudine”, il successo, il fallimento, la
gioia, la distensione, l'angoscia. Sono cose che sentono tutti, non
ne ho dubbi, quindi mi capiscono e io capisco loro. Capita solo che a
volte penso di essere il solo a sentire queste cose e quindi “mi
sento solo”.
Ho deciso. “Mi sento solo”
significa che sto pensando che gli altri non mi possono capire,
perché non ho parole per descrivere l'abisso. Ma se prendo coscienza
che anche gli altri percepiscono l'abisso e che anche a loro capita
di non avere parole per descriverlo, allora so (non “penso” né
“credo”, ma “so”) che non sono solo. Se prendo coscienza che
gli altri soffrono la loro battaglia e faccio il tifo o guardo con
ammirazione, paura o sgomento la loro battaglia, allora non mi sento
solo.
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