lunedì 5 settembre 2016

Avatar

Tempo fa ho visto di nuovo il film “Avatar” con le bimbe.
E' evidente il fascino di quel mondo fantastico, il sogno di essere quel tipo di creatura, con quella tale connessione con la natura da avere addirittura un organo apposito per fondere il proprio sistema nervoso con quello dell'animale che si cavalca, addirittura con gli alberi sacri. E' indubitabile il fascino di una ipotesi del genere e quanto potente può essere il “vorrei proprio essere una creatura del genere in un mondo del genere”.

In quel momento ho percepito chiaramente che lo sceneggiatore aveva comunicato una cosa a me. C'è stato un punto di incontro tra me e lui, un luogo comune, a cui tutti e due siamo di tanto in tanto in grado di accedere; una realtà che di tanto in tanto si esprime e la sua espressione è chiara e comprensibile per tutti, nessuno escluso. Ripenso quindi a tutti quei film e quei libri che hanno svegliato in me questa stessa sensazione di “capire l'altro” anche se mai incontrato. Penso quindi alla saga di Harry Potter, che non possono non leggere almeno una volta l'anno; al primo Matrix, al libro “Intervista col vampiro”, molti libri di Asimov, la Bagavad Gita, tanti e tanti scritti del Maestro e di vari altri maestri. Quella testimonianza di Alberto sul grande libro dell'Epicentro.

La radice comune, il senso delle cose, l'essenza più intima di tutto ciò che esiste. Più o meno coscientemente è solo quando ci connettiamo a questa cosa (o essa si esprime tramite noi) che entriamo veramente in contatto con l'altro. E' qualcosa di essenziale, qualcosa di identico in tutti gli uomini, qualcosa che non è ciò che vediamo, ciò di cui parliamo. Ha a che vedere con la struttura dell'esistenza stessa e non con ciò che noi interpretiamo della realtà. 

Non è il pensato e tanto meno il pensante. E' la struttura stessa del pensante-pensato. Perché le cose che vedo sono variabili e instabili, e dipendono dal senso che gli impongo in base al mio stato. Non è la coscienza, perché anch'essa è instabile e transitoria, oggi tesa su questo, domani rilassata su quello. E' proprio il rapporto tra la coscienza e il percepito, la struttura coscienza-mondo stessa che entra in contatto con un'altra struttura assolutamente identica, e che quindi capisco e mi capisce. 

Perché la mia coscienza è diversa dalla tua. I miei sensi sono diversi dai tuoi. Ma il modo in cui la coscienza si relazione con il mondo (interno ed esterno, che in finale sono una cosa sola) è lo stesso per tutti e forma una struttura così indissolubile, che diviene scolastico parlare di due cose (coscienza e mondo), poiché sono un'unica cosa, una struttura, assolutamente identica in tutti noi e a se stessa; questa struttura è la realtà, non i significati, non il significante, ma la struttura significante-significato, pensante-pensato, coscienza-mondo.

C'è una cosa in cui io e te siamo identici.

Entra in profondità dentro te stesso, io farò lo stesso in me stesso, lì c'incontreremo.

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