lunedì 4 luglio 2016

Il corpo e le tensioni

Questo post nasce come mail inviata ad un amico, per questo il linguaggio è un po' atipico.

Pensavo al corpo. Pensavo che qualsiasi pensiero, clima, idea, contraddizione, allegria... qualsiasi atto mentale (unitivo o contraddittorio), qualsiasi processo mentale io metta in moto, si manifesta o lo registro in qualche parte del corpo. Che si parli di una tensione addominale, una distensione delle spalle, un senso di oppressione al petto, una leggerezza totale del corpo... qualsiasi cosa, si manifesta o lo registro come una sensazione fisica nel corpo. 
Il tutto "ha nel mio corpo il suo punto medio" dell'esperienza "La morte", lo interpretavo come "strumento di azione", ma "tutto" significa appunto "tutto", non solo ciò che va fuori, non solo "strumento dell'intenzione", ma anche ciò che va dentro, ciò che è dentro, ciò che va da dentro a dentro, da dentro a fuori, da fuori a dentro.

Non ho però capito una cosa. Perché? Ti esprimo le mie considerazioni, in modo che tu possa apprezzarne la profondità e la genialità, facendomi i dovuti complimenti e ringraziandomi per averti aiutato nella tua ascesa :-D

Sono "rappresentazioni". Ieri, durante la giornata, avevo avuto un forte conflitto, puoi immaginare quante tensioni stavano nel corpo; mi sono quindi potuto sedere e osservare i miei atti mentali, per una mezz'oretta. Ho cercato di seguire il processo di "creazione della sofferenza", di vedere quando il ricordo diventava dolore/tensione fisico, in quale momento le immagini si trasformavano in sofferenza. A parte il parziale fallimento (parziale eh, sia chiaro, così che tu non pensi che abbia fallito totalmente), ho avuto la doppia sensazione che la sofferenza si manifesta nel corpo e contemporaneamente si registra nel corpo. Provo a spiegarmi, anche se magari il tuo fine intelletto ha già capito (sono altruista, nutro anche un po' del tuo ego, mica solo il mio).

1) La sofferenza si registra nel corpo. 
Questo significa che io (chi? L'io? La coscienza? L'osservatore?) mi accorgo di soffrire perchè ho una qualche sensazione in qualche punto del corpo; sento quella sensazione di oppressione al centro del petto, la percepisco come molto sgradevole, quasi insopportabile... quindi mi accorgo che sto soffrendo.

2) La sofferenza si manifesta nel corpo.
La sofferenza, in quanto assenza di unità, in realtà non esiste, se non come un segnale di errore. La coscienza quindi deve fare in modo di cambiare ciò che sta avvenendo, deve "smettere di sbagliare". Quindi genera per se stessa una condizione di "sgradevole" per imprimere una spinta di allontanamento dallo stato attuale. Quindi invia ai centri di risposta la sensazione di oppressione al centro del petto

Ho quindi come la sensazione che la coscienza ha bisogno di comunicare a se stessa, ma essendo il corpo "il punto medio", lo utilizza generando una sensazione per se stessa. La coscienza "si dice le cose" usando il corpo, comunica con se stessa attraverso il corpo. Un po' come quando noi mettiamo per scritto i nostri pensieri così da averli meglio davanti per poterli analizzare. I pensieri sono già lì, li conosciamo, li sappiamo, ma scrivendo una lista li vediamo meglio.
Quindi "si manifesta e si registra" nel corpo diventa questo: l'atto della coscienza è quello di "manifestare la sofferenza come sensazione corporea", crea quella sensazione, ma nel nostro stato di coscienza "registriamo" la tensione, come se "ricevessimo" la sofferenza, come se la sofferenza "arrivasse". In uno stato di coscienza più alto, percepiremmo l'intero processo e quindi non avremmo la sensazione di "ricevere la sofferenza" ma ci renderemmo conto dell'intero processo e probabilmente non diremmo né che la sofferenza "si manifesta" né che "si registra", ma useremmo un altro modo di esprimere il concetto che ora non riesco ad afferrare.

Ecco: il corpo come quaderno degli appunti della coscienza. 

Eureka! Nel momento stesso in cui ho riletto il tutto per la terza volta in modo che fosse perfetto, ho compreso a cosa mi deve portare tutto questo. Una cosa di una tale semplicità che mi sbalordisco di non averci pensato prima (questo serve per non sembrare troppo sborone, così che tu possa apprezzare meglio la mia incredibile sapienza, visto che è condita da tale manifestazione di umiltà): devo ascoltare il corpo! Il corpo non è lì solo per "fare verso fuori", è "il punto medio", è "il quaderno degli appunti", è strumento interno ed esterno. Se voglio sapere cosa mi succede, posso partire dal corpo. Eppure gli esercizi "immagini libere" e successivi su autoliberazione, qualche "piccolo suggerimento" me l'aveva dato.
Lavorare in "coscienza di se" non significa solo "osservare gli atti mentali" ma anche sentire il corpo, perché le sensazioni del corpo non sono delle "concomitanti", sono gli appunti della coscienza, sono la coscienza che parla a se stessa, che formalizza, che rappresenta la sensazione interna della risposta

Ciauz

Nessun commento:

Posta un commento