L'immortalità
“Lei s’immagina come si annoierebbe se fosse immortale? Le pare che con la mente condizionata che lei e noi abbiamo, le pare che sarebbe possibile un qualunque tipo di permanenza dopo la morte mantenendoci in questo stato? Se l’Inferno esiste, questo è l’Inferno.
Noi non diciamo nulla sull’esistenza ultraterrena, però diciamo che è una possibilità.
Perché no? Ed è una possibilità che può essere esplorata e che merita di essere studiata, ma abbiamo l’impressione che, comunque sia, se questa trascendenza esiste non può essere la semplice continuità della nostra struttura mentale attuale.” Silo - 1972
Ora. Questa cosa è interessantissima. Ho sempre pensato che l'immortalità dovesse essere automatica, per tutti. Perché se per essere immortale dovevo rispettare certe condizioni, superare certe contraddizioni... se ci fossero delle “regole”, dovrei interrogarmi su chi ha messo certe regole, come si sono date, chi è il giudice.
Chi è il giudice? Chi decide se devo essere immortale o no?
Forse c'è una risposta. Lo decido io. Io sono il giudice.
Immagino di morire in un momento di grande contraddizione, con la vita invertita, piena di ritorni contorti di risentimento e frustrazione, con la sensazione di futuro chiuso. Immagino che in quel momento mi si presenta la possibilità di proiettare nell'infinito, per l'eternità, quei registri, o qualcosa che sia “la proiezione di quei registri”. Sarei io il primo a rifiutare una tale forma di trascendenza. Sarei io il primo che, se non vedessi una possibilità di superamento di quella sofferenza, rifiuterei di proiettarla in eterno, di proiettare in eterno quell'assurdo. Sarà la Vita stessa a porre fine a se stessa.
Se al momento della morte, sento che non c'è una fine, che tutto sta bene, che la Vita (l'Essere, l'Intenzione) è proiettata nella crescita costante, senza limiti... se muoio mentre, tra una difficoltà e l'altra, ho la chiara sensazione che nulla potrà mettere un fine definitivo alla mia ascesa... se muoio mentre ho la convinzione che esistono ostacoli temporanei e non definitivi... se nel momento della morte percepisco che la mia crescita è certa e inarrestabile, non avrò paura di lanciare la mia mente verso l'infinito, poiché nulla fa veramente paura fino in fondo.
E allora, quell'azione immortale che tanto vado cercando, di cui tanto vado cianciando, sta anche in queste cose. Nel registro di inarrestabilità, di certezza, di fede assoluta che potranno “succedere” mille cose e mille ancora, ma che ognuna di queste cose terminerà nella crescita, nel suo stesso superamento. L'azione immortale è nella certezza che non c'è “un soffitto”; nella consapevolezza che ogni “tetto” diventa il “pavimento” su cui costruire la scala successiva; non c'è fine, non c'è arrivo, non c'è traguardo. C'è solo un eterno percorso di crescita e allora la morte diverrà solo uno dei tanti “trampolini”.
Che cos'è realmente la morte? E' il momento in cui fai una scelta importante. Sii pronto.
Chi sono? Ciò che guarda. Ciò che sceglie.
Dove sto andando. Verso la crescita. Verso il superamento dei limiti.
bello!... grazie per la pubblicazione di queste tue riflessioni.
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