mercoledì 8 giugno 2016

Chimica e libertà

Scopro la mia mancanza di libertà. Scopro che i miei pensieri sono condizionati, i miei sensi sono condizionati, la mia memoria è condizionata. “Tutto ciò che faccio, sento e penso non dipende da me
Dato tutto questo condizionamento, quale motivazione posso dare all'attaccamento? Quale motivazione può mai avere la bramosia di ottenere? Che senso ha provare cotanto piacere di fronte al successo e tal dolore nel fallimento, visto che tale successo e tale fallimento sono il risultato del condizionamento? Non sono né mio merito né mia colpa? E' quindi questo piacere, questo dolore, esso stesso condizionamento?

E di più. Se io sono così condizionato, anche l'altro è altrettanto condizionato. Che senso ha l'astio, il fastidio? Che senso ha risentirsi per l'azione altrui? Per l'intenzione altrui? Per l'opinione altrui? Per il disprezzo altrui? Per la calunnia altrui? Sono anche questi dei semplici prodotti della meccanica della coscienza e nulla più?

Fin quando non riesco a trovare, a coltivare e ad esprimere coscientemente la libertà e l'intenzionalità, tutta questa ruota di piacere/dolore è solo biologia, chimica. “Per ora lei non mi capisce, poiché non possiede la capacità di pensare come vuole. Il suo apparente stato di libertà non è che un prodotto della chimica”.

Il giudizio, il pregiudizio, il disprezzo, la stima, l'autostima.

Chiudo gli occhi, abbasso il rumore e osservo la mia mente. I processi mentali si susseguono rapidi, quasi impossibili da seguire. Ma hanno una logica inflessibile, immodificabile, apparentemente ingestibile; le stesse “decisioni” che prendo per dare una direzione diversa ad un determinato pensiero, sembra provenire da una stessa logica ferrea precedente. Vista così, da questo punto di vista ingenuo, ogni atto è conseguenza di un evento precedente e nulla più. Ogni atto quindi non è un atto ma un evento che si verifica?

Se è vero come è vero che la realtà che percepisco è una proiezione del mio mondo interno, che interpreta, giudica, riempie di significato qualsiasi dato sensoriale in arrivo... se tutto ciò è vero come io sono convinto che sia, io sono tutto ciò che vedo, quando guardo vedo me stesso. Ma se tutto è condizionato, se non c'è libertà se “io” non riesco realmente ad intervenire su ciò che vedo e penso ma tutto si dà come una meccanica inflessibile... io non sono quello che vedo, vedo semplicemente la biologia e la chimica in azione.

Difficile trovare le parole per esprimere ciò che vorrei esprimere. Percepisco la capacità di percepire. Sento in qualche modo di rendermi conto dell'esistenza di qualcosa che sente di rendersi conto... un qualcosa che chiamo per comodità “Io” (in neretto e con la “I” maiuscola per diversificarla da quell'io illusorio e impermanente). Bene, Io ho la sensazione che tutto ciò che vedo, io lo metto lì dove lo vedo con uno scopo, ma contemporaneamente ho la sensazione di essere totalmente determinato, guidato, incapace di prendere reali decisioni.

Cosa è la libertà? Cosa è l'intenzionalità? Come nasce la vita? Oggi, durante l'esperienza, questa domanda ha aleggiato costantemente su ogni immagine, su ogni emozione, su ogni sensazione. Dove nasce la vita? In quale momento prende corpo Io? Esiste da prima di questa vita? Esisteva prima di questo corpo? E quanto prima? Esistendo senza corpo, quindi senza tempo e spazio, ha senso di parlare di “prima”? Di quando e dove?

Io mi manifesto nella vita in questo corpo e inizio a lottare per liberarmi dai condizionamenti del corpo, della coscienza, dell'io, della biologia e della chimica. “La vita è il mezzo che la mente usa per rompere la rete delle ombre?”.

Per la verità, io ho la sensazione che la libertà esista e che solamente Io la può esercitare, ma non riesco a capire Io, a vedere Io, e quindi non riesco ad esercitare la libertà, l'intenzionalità. Perché se non c'è libertà, nulla ha importanza e tutto è uguale. E' come se la libertà fosse “ciò che l'oltrepassa” quando si dice “l'abisso e ciò che l'oltrepassa”... l'unica cosa di cui vale la pena parlare.

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