Chiamo sensi provvisori, gli obiettivi che mi pongo sulla strada, quando li utilizzo per tenermi occupato mentre mi avvicino più o meno velocemente alla morte. “Prendere una laurea”, “Mettere su famiglia”, “Ottenere quella promozione a lavoro”, non sono cose sbagliate, né stupidaggini. Possono anzi essere degli ottimi strumenti per rendere migliore la mia vita. Sono io che, a volte, utilizzo questi obiettivi per distrarmi, per tenermi occupato nel mio cammino e non pensare all'abisso.
Nessun obiettivo può dare un senso definitivo alla mia esistenza, se è destinato a compiersi o fallire (quindi a terminare) in vita. Quando il suo termine arriverà, che sia un successo o un fallimento, mi lascerà con ciò che avevo prima di pormi quell'obiettivo. Se prima c'era un senso, ci sarà un senso, e il raggiungimento dell'obiettivo mi darà forza nell'ascesa, mentre il suo fallimento mi darà insegnamenti anch'essi utili per l'ascesa. Se prima non c'era un senso, ci sarà l'abisso, il vuoto. Che questi obiettivi siano quindi uno strumento che collabora con quella che ora definisco “L'azione eterna”, che altre volte ho definito “Senso”.
Definisco dentro di me l'azione eterna, come un obiettivo che non termina in vita, che non si compie né fallisce mai, ma che si sviluppa ed eventualmente si trasforma all'atto della morte. Intellettualmente posso formulare tanti di questi obiettivi: portare senso all'esistente, dare allegria e gioia al prossimo, imparare senza limiti, crescere senza mai fermarmi, fare quotidianamente qualcosa che renda migliore del giorno precedente me o un mio caro. Con la testa ne posso pensare tanti, alcuni che mi “affascinano” di più, altri meno. Un imperativo diviene per me quindi trovare un Senso, un'azione eterna, che dia un significato più profondo alle mie azioni e trasformi tutti i sensi provvisori in “strumenti del Senso”, elevandoli, purificandoli. Un Senso dell'esistere che io possa sentire profondamente, con tutto me stesso, con “testa, cuore e stomaco”.
Queste “azioni eterne”, possono incontrare singoli successi e fallimenti, ma se sentite profondamente, se accettate con fede, non incontreranno mai “il successo” né “il fallimento”. Posso vacillare o permanere, ma mi daranno sempre un centro di gravità, un percorso su cui tornare quando il resto è preda della tormenta, quando mi perderò lungo la via.
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