lunedì 6 giugno 2016

Non ho concluso nulla

Giudichiamo noi stessi. Spesso siamo anche molto impietosi
E fin qui, va beh, lo sappiamo
Ma il metro di giudizio? Beh, qui andiamo proprio nel torbido. E' discutendo con una cara, carissima amica, che mi viene in mente il metro di giudizio.
“Non ho concluso gran che”. Ecco... quanta menzogna ci può stare dentro questa frase, apparentemente “solo un po' severa”.
Perché spesso, questa frase, è figlia madre e sorella di questo sistema. Non ho “concluso”? Perché magari non ho messo su famiglia? O perché sono donna e non sono madre? O perché non ho avuto quella promozione, non guadagno abbastanza, non sono servito e riverito? Ho una macchina piccola quando potevo essere un dirigente? Non posso comprare l'aifon a mia figlia?
E questa cara, carissima amica, ha cari, carissimi amici. Ed io ho cari, carissimi amici. Rapporti profondi, significativi, costruiti con impegno, errori e successi; coltivati a volte con sapienza a volte con istinto o disincantata ingenuità... pensando ai quali mi viene da piangere di commozione.
Ho cari, carissimi amici. “Si, anche questo varrà pur qualcosa”. Anche questa frase è figlia sorella e madre di questo “sistema al contrario”. Non è che “vale pur qualcosa”. No, questo è molto, tanto, altro che “pur qualcosa”. 

Ho coltivato, costruito, corretto dei rapporti importanti, profondi. Rapporti che hanno superato difficoltà, errori, imprecisioni. Sono riuscito a guardare oltre quell'insopportabile supponenza, quella noiosa accondiscendenza o quell'inguaribile tristezza o quell'onnipresente ironia, quell'imbarazzo, quel complesso. Sono passato sopra ostacoli e resistenze. Ho fatto grandi cose. Ho cercato di mostrarmi, timoroso, austero ed egocentrico; rabbioso, risentito; sempre in guerra; e non mi sono arreso, e non ci siamo arresi, io e i miei cari, carissimi amici.
Ho concluso un sacco di cose. Ho superato resistenze, combattuto contraddizioni, aiutato cari, carissimi amici. Ho condiviso la paura, la rabbia e il disgusto. Ho anche errato e mentito, ma mi sono anche spogliato di ogni veste cangiante agli occhi dei cari amici, di fronte ai quali non ho esitato di mostrare il desiderio di prestigio, l'odio, la vendetta, l'estraneità, il possesso, la frustrazione e risentimento. Ho mostrato le mie debolezze, accettato di malavoglia i consigli, elargito con gusto i miei. Ho lottato e ho pensato di arrendermi; ho camminato, più o meno a lungo, e mi sono riposato, più o meno a lungo. Mi sono mostrato forte, nascondendomi dietro uno sguardo solenne. Ho fallito, ho vinto, ho perso... 

Ma in fondo al cuore non mi sono mai veramente arreso. E anche grazie alla mia cara, carissima amica, mi sono ricordato di non essermi arreso a questo sistema che mi vorrebbe far dire “non ho concluso gran che” perché non sono “di successo”. 

Questo è forse il migliore dei nostri successi, mio e dei miei cari, carissimi amici. L'esserci continuamente ricordati l'un l'altro che, a volte credendoci molto, a volte credendoci poco, quello che facciamo vale, vale veramente; ha un valore immenso, incalcolabile; ha a che vedere con il destino dell'uomo; è un atto di ribellione nei confronti dell'abisso e di questo sistema che lo alimenta.

Massima disobbedienza all'apparente destino!

Nessun commento:

Posta un commento